<< Ehi Maria Elena, hai sbagliato lato. Girati >>.
Tra i fumi del sonno accetto, un po’ intontita, il consiglio di una giovane volontaria: dalle colonne del tempio di Hera si affacciava il nuovo giorno, dal pallido rosa ed un azzurro plumbeo, intensificati solo dalle luci artificiali degli scavi. “La poetica dei numeri primi”, una delle più importanti mostreprodotte dalla Fondazione Matera-Basilicata 2019, non poteva nascere in un luogo più adatto, il Parco Archeologico dell’Area Urbana di Metaponto, dove i nostri genitori greci hanno dato origine a ogni arte e dove, nel weekend del 22 e 23 giugno, le vite e le opere di Pitagora e Ipazia sarebbero state cantate, come da due aedi, da David Riondino e Valeria Solarino su un testo teatrale di Piergiorgio Odiffredi.
Per me, figlia della cultura classica, è stata un’esperienza penetrante, resa ancor più forte dal fatto che io fossi, per la prima volta, volontaria di Matera 2019. Mi sentivo attivamente parte di qualcosa di straordinario: visitatori e turisti diventavano i miei personali ospiti e io cercavo, grazie ai saggi consigli dei volontari più esperti, di renderli i veri protagonisti della serata, coinvolgendoli, salutandoli, informandoli sugli eventi, sorridendo loro. Tutto ciò non è stato solo gratificante e soddisfacente, ma mi ha fatto capire l’importanza della complicità, dell’accoglienza, dell’essere ambasciatori partecipanti di eventi e iniziative, non circoscritti al solo territorio materano e lucano ma che vengono apprezzate ed emulate in tutta Europa. Matera Capitale della Cultura vanta un team di volontari organizzati e pragmatici, capaci di realizzare al meglio qualsiasi progetto e di far sentire immediatamente i nuovi arrivati, proprio come me, parte della loro grande famiglia, con la quale, nella valle metapontina, anche io ho condiviso momenti che porterò con me per sempre, e per tutto il mio percorso da orgogliosa volontaria.
Abbiamo passato davvero “Una notte con Pitagora e Ipazia”. Nella quasi surreale cornice dei templi e dell’anfiteatro, i due matematici e filosofi, ospiti silenziosi ma presenti, hanno ispirato relatori, musicisti, spettatori, invitati, come il grande Piero Angela, e soprattutto noi volontari, investendoci, forse, del piacere per la bellezza e per la comunità, tipicamente classici. Auguro a tutti di poter vivere un’esperienza così, a tratti estremamente concreta e a tratti catartica, e resa tale grazie a chi, instancabilmente, lavora animato dalla passione.
Dopo aver passato la notte sotto le stelle nel tempio di Hera, la luce di quella omerica “aurora dalle dita rosate” mi è sembrata il ribaltamento di ogni schema definito della mia vita. La guardo pochi interminabili secondi, sapendo che non potrò mai dimenticarla.
Maria Elena Grande