La redazione di Blogster2019 ha avuto la possibilità di parlare con cinque simpaticissimi volontari di Matera2019 e di chiacchierare un po’ della loro esperienza di volontariato, ma anche delle maggiori differenze culturali che hanno notato tra il paese d’origine e la loro città d’adozione, Matera.
Nio, Noriko, Takako, Shingo e Rie vengono tutti dal Giappone, ma si sono conosciuti in aeroporto arrivando in Italia, e sono qui per essere volontari e in particolare per prendere parte al progetto “Abitare l’Opera” (Link per tutte le info: https://www.matera-basilicata2019.it/it/programma/temi/riflessioni-e-connessioni/1421-abitare-l-opera.html).
La prima cosa che volevamo chiedere, che ci incuriosisce, dato che vengono da così lontano, è come sono venuti a conoscenza del volontariato per Matera2019 e perché hanno deciso di prendere parte a questo progetto.
C’è chi ha trovato la notizia su Facebook e ha colto l’occasione per tornare a visitare l’Italia e magari degli amici in Italia; chi, essendo interessato alle capitali europee della cultura e avendo partecipato a dei progetti a Sibiu ha pensato di venire anche a Matera; chi ha saputo di questa possibilità all’EU Japan Fest ed era interessato a città creative e al loro sviluppo tra passato presente e futuro; chi ha assistito a una presentazione delle capitali europee della cultura a Tokio, e avendo partecipato a progetti sulle altre capitali europee, per esempio Kaunas 2022, ha voluto prendere parte anche all’avventura Matera2019.
A questo punto ci chiediamo: ma è una esperienza costruttiva essere volontari per Matera2019? Perché uno straniero dovrebbe venire a Matera per questo? Loro lo consiglierebbero?
Ebbene sì, loro lo consiglierebbero vivamente. Essere partecipi attivamente agli eventi e non da semplici turisti significa stare a contatto con la gente del posto e poterci parlare, venendo a conoscenza di una nuova cultura in modo più profondo. Il Giappone poi, dicono, è geograficamente abbastanza isolato ed è difficile comunicare con gli stranieri, soprattutto se lontani; quando si viaggia fuori il bello è proprio confrontarsi con chi ha idee e usi diversi dal propri, ed essere volontari significa lavorare insieme e riuscire realmente a connettersi con culture diverse.
Parlando di culture diverse, chiediamo quali siano le differenze più importanti e più evidenti tra i due paesi, Giappone e Italia, che loro hanno notato.
La prima differenza, molto evidente, è la gestione del tempo: i negozi che chiudono per pranzo e la gente che riposa nel pomeriggio, la cosiddetta siesta, ma allo stesso tempo la notte è lunga e si sta fuori fino a tardi.
Una cosa che li ha sorpresi, è stata vedere tanta gente, anche famiglie, partecipare a un concerto serale in una cittadina così piccola come Matera. "Questo in Giappone non sarebbe avvenuto" dicono.
Hanno apprezzato l’interesse degli italiani per l’antichità, le architetture dei vecchi edifici e come preserviamo il nostro passato; in Giappone invece molte cose antiche sono andate perse in favore della costruzione di nuovi palazzi con nuove tecniche per via non solo della crescita economica, ma anche per esigenze territoriali e climatiche. Per esempio, c’è bisogno di palazzi antisismici al posto dei vecchi per via dei frequenti terremoti, o case costruite in un certo modo per contrastare la forte umidità.
Un’altra cosa lampante: la gente può fumare, bere, mangiare o portare con sé un cane ovunque in luoghi pubblici. In Giappone è molto diverso.
E ora una nostra curiosità: ma gli italiani fumano di più dei giapponesi?
Loro dicono di no, solo che non potendo fumare ovunque e avendo, anzi, aree riservate ai fumatori, i fumatori si vedono meno.
Ancora una caratteristica degli italiani: loro amano il loro caffè e il loro cibo, quello che chiamano il “vero cibo” e apprezzano davvero i loro pasti, si siedono per prendere i caffe, si prendono il loro tempo...anche questo è diverso in Giappone.
Però, in Giappone c’è una tradizione legata al Matcha, un particolare tè verde, che è molto simile al nostro culto del caffè o del vino: c’è una sorta di cerimonia per prepararlo, per servirlo e per berlo correttamente. Non tutti sanno farlo, solo chi impara e rispetta il procedimento. E' qualcosa che si sta perdendo con le nuove generazioni.
A proposito di generazioni, in Italia si parla di un gap tra le vecchie e le nuove generazioni, di progressivo disinteresse dei giovani al passato e alle tradizioni e di una crescente diffusione dello stile di vita all’americana. In Giappone sta succedendo la stessa cosa? Qual è la situazione?
Anche in Giappone è così. Molti non capiscono più i vari dialetti, solo per fare un esempio. Cucinare il cibo tipico è una cosa che si sta perdendo: un piatto tipico giapponese di nome tsukemono di solito veniva preparato in casa e invece moltissimi lo prendono già fatto oramai. E non c’è neanche la possibilità di conoscere la tradizione culinaria, i tipici piatti familiari giapponesi e così via.
La tecnologia gioca un ruolo fondamentale nell’allontanare le generazioni. Fino a non troppi anni fa, se non si sapeva qualcosa la si chiedeva a qualcuno. Oggi, anche quella minima comunicazione è persa perché con gli smartphone è diventato molto più semplice cercare qualcosa sul web invece di parlare con gli altri.
Insomma una chiacchierata molto interessante e costruttiva. È vero che si è parlato di differenze, ma è sembrato che in queste parole, in questo scambio di opinioni, ci sia stata tanta vicinanza e ci viene in mente una cosa che i nostri anziani direbbero, e si sa che loro hanno spesso ragione: “Ogni mondo è paese”. In quanto persone affrontiamo gli stessi disagi, se pur con abitudini differenti, in zone opposte del globo, e il bello dell’incontro con l’altro è proprio questo: vedere le somiglianze anche nelle differenze.
Federica Debernardis