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BACK TO THE FUTURE OR NOT?

Nel 1990, all’indomani della caduta del muro di Berlino, John Mearsheimer, politologo statunitense ed esponente del pensiero realista, scriveva che, con la fine del bipolarismo USA-U.R.S.S si sarebbe ritornati a una situazione di instabilità e conflitto tra paesi simile a quella degli anni 20’-30 ‘. Sicuramente, in Medio Oriente la situazione è più caotica, perchè oltre al settattentannale conflitto tra Israele e Palestina (e alleati arabi), si è aperto uno spazio molto più importante per gli Usa, che, però, nella loro politica estera in Medio Oriente e in Nordafrica  dopo l’invasione sovietica in Afghanistan, hanno liberato degli “spiriti maligni”, per dirla con Marx, sostenendo prima i talebani in funzione anti-sovietica per poi ritrovarseli contro.

Stesso discorso per le operazioni in Iraq e Libia, condotte senza un piano adeguato per gestire il dopo, che hanno aperto nuovi spazi per Russia e Cina (e alleati regionali) .La Russia è riuscita a proporsi come antagonista del terrorismo e a spazzare ogni speranza di transizione democratica in Siria, sostenendo decisamente Assad. Allargando il discorso, la Cina sta sempre più emergendo come potenza alla pari degli USA attraverso la sua nuova ”via della seta”(osteggiata da Usa e gran parte degli alleati europei) oppure attraverso il suo ruolo di tramite tra Corea del nord e Usa. In sintesi, a livello mondiale, con il multipolarismo, troviamo scenari sempre più frammentati e diversi in base al contesto e una molteplicità di stati, specie in Medio Oriente, dilaniati da guerre civili o da vecchie rivalità (vedasi Iran e Israele) .

Ma è in Europa che l’interrogativo si è fatto più pressante negli ultimi anni con l’ascesa di partiti populisti in tutto il continente con la carica ideologica che portano con sé: tira aria di anni 30’? Innanzitutto, bisogna far notare che, all’indomani della Grande Guerra, si sviluppò un nazionalismo nato dalle rivendicazioni di paesi appena nati che erano stati sempre dominati da potenze straniere, come la Cecoslovacchia, la Romania,la Polonia, la Jugoslavia a trazione serba e l’Ungheria, o dalla volontà di rivalsa della Germania oppure dalle ambizioni territoriali parzialmente frustrate dell’Italia. Era un nazionalismo figlio della mentalità coloniale, un nazionalismo espansionistico, mentre oggi assistiamo ad un nazionalismo di chiusura, di ritorno al  “piccolo mondo antico”.

La situazione è sicuramente più delicata: l’Europa è, infatti, il centro di diffusione dell'instabilità e della frustrazione del primo dopoguerra, la culla dei nazionalismi e dei totalitarismi, vittima di un'èlite ancorata ai valori monarchici o imperiali anche dopo la caduta delle teste coronate. E, quindi, un' èlite politicamente fragile e inesperta (considerando che, cadute le corone, erano nate giovani repubbliche), che si è lasciata sopraffare, soggiogare, da leader carismatici, o meglio, da  bravi demagoghi. Ma, dopo le due guerre e la guerra fredda, sono cambiate non poche cose: l'elite si è maggiormente conformata alle istituzioni democratiche e si è emancipata da illusori arruffapopoli. E allora perchè, per molti aspetti, la società sembra che continui a ripetere gli stessi errori e ad andare nella stessa direzione, perché si tende così tanto a destra? Probabilmente perchè è un periodo di crisi ideologiche e politiche e si ha paura; e le destre, con le loro posizioni ancorate, trasmettono quella sicurezza che manca.

Ma allora il crollo del Muro non ha insegnato nulla alla comunità europea? Certo, ha mostrato a tutta Europa come l'unione faccia la forza, come basti la caduta di un solo muro per provocare la caduta di molti altri confini:  la caduta del muro, infatti, ha preceduto la caduta dei confini comunisti di mezza Europa, confini che avevano diviso villaggi, città o, addirittura, famiglie (in particolar modo dopo il rifacimento dei confini ad opera dell'URSS). E poi, sottolinea la prof.ssa Simona Colarizi, oggi abbiamo una ricchezza in più per difenderci dai totalitarismi e dall'ispessimento dei confini: i giovani. Certo, ci sono sempre stati, ma oggi hanno, in alcuni casi, una consapevolezza nuova: con progetti come l'Erasmus, sono in grado di spostarsi da una nazione all'altra, assaggiandone la cultura e sorvolando tutti i confini.

Testo di Alessio Corvino e Francesco Cirillo

Foto di Claudia Di Cuia

Riprese e montaggio di Elena Lionetti